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MARIO BALLOCCO. ODISSEA DELL'HOMO SAPIENS

30 settembre 2010 > 8 maggio 2011
Promossa da Roma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione – Sovraintendenza ai Beni Culturali
A cura di MACRO - CRDAV (Centro Ricerca e Documentazione Arti Visive)
Con la collaborazione di Archivio Mario Ballocco e Paolo Bolpagni
Con il contributo tecnico di Cassettiere MACRO: OTTART Prodotti per l’Arte

Immagine: Mario Ballocco, Homines impauriti dal sole nero, 1946-1950. Courtesy Archivio Mario Ballocco, Milano

Per la prima volta in mostra gli “Homines” di Mario Ballocco: entità stilizzate inquietanti, crudeli e disperate che incarnano le dinamiche antropologiche e sociali della nostra quotidianità: l'innamoramento, la conflittualità, la sottomissione, il tradimento, l'impegno culturale e politico e altro ancora.

La mostra presenta per la prima volta una serie inedita di 51 disegni, perlopiù in bianco e nero, eseguiti alla fine degli anni Quaranta. Una sorta di “commedia umana” tra il satirico e il grottesco, con punte di amara ironia. Il ciclo fu pensato per un libro poi non realizzato, di cui restano queste tavole straordinarie, che propongono un’analisi sottile e spietata delle dinamiche antropologiche e sociali che stanno alla base del nostro vivere: l’innamoramento, la conflittualità, la sottomissione, il tradimento, l’impegno culturale e politico.

Gli Homines di Ballocco sono entità stilizzate inquietanti, crudeli e disperate nei loro enormi occhi vuoti, nelle bocche spalancate a mostrare minacciosamente i denti. L’autore vi mette a nudo le passioni e i moventi più profondi dell’agire delle persone e delle masse, componendo una galleria di ritratti densa di umori sardonici. Si ritrova in quest’Odissea il pessimismo dei grandi moralisti, unito a un’ironia pungente, frutto di lucidità intellettuale e capacità di scavo. E un intenso slancio etico, che si traduce in inclinazione espressionista.

I disegni furono realizzati nel contesto della seconda metà degli anni Quaranta, dopo la fase terribile e traumatica della guerra. Anni in cui Mario Ballocco, all’inquieta ricerca di autenticità e “verità”, lascia l’Italia per l’Argentina, dove frequenta Lucio Fontana e tenta strade nuove. Ma rimane estraneo alle istanze del nascente Spazialismo, sviluppando invece l’esigenza di creare un’arte lontana dal tecnicismo, che scaturisca dal “principio interiore”, dalla più “ingenua, libera, primordiale natura”, “indipendentemente da preoccupazioni di contenuto e di forma”. Sono le premesse di “Origine”, il gruppo cui Mario Ballocco (tornato nel frattempo in Italia) dà vita a Milano nel 1950. Al sodalizio aderiscono Alberto Burri, Giuseppe Capogrossi ed Ettore Colla, ma l’esperienza si conclude già nei primi mesi del 1951, all’indomani della prima e unica esposizione comune, tenutasi a Roma in via Aurora.

La mostra è completata da una sezione documentaria costituita dagli esemplari dei dodici numeri della rivista “AZ”, fondata e diretta da Ballocco a Milano fra il 1949 e il 1952, e inoltre da cataloghi, fotografie d’epoca, missive e altri materiali utili a documentare l’attività dell’autore in quegli anni cruciali, in relazione al vivace contesto culturale e artistico del tempo. Sono in esposizione, tra l’altro, il rarissimo catalogo dell’unica mostra del Gruppo Origine (gennaio 1951), per l’occasione donato al CRDAV dall’Archivio Mario Ballocco, e l’originale di una lettera di Lucio Fontana a Ballocco, datata 12 settembre 1951.

In occasione della mostra, l’Archivio Mario Ballocco dona al MACRO due importanti dipinti emblematici di successivi momenti della produzione del pittore milanese: Reticolo nero - fondo grigio + giallo-arancio (1951) e Alternanza di contrasto (1962), che dal 25 ottobre prossimo saranno esposti nella sezione del Museo dedicata alla collezione permanente. Se il Reticolo è un capolavoro del periodo legato alla travagliata esperienza del Gruppo Origine, Alternanza di contrasto documenta il successivo sviluppo della ricerca di Ballocco in direzione di un’indagine del processo percettivo, all’interno della quale l’opera si pone come trattazione obiettiva di un “problema visivo”.


Il catalogo in fascicoli da collezionare, ordinabili cronologicamente o tematicamente
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