L’artista espone una serie di opere site-specific che hanno come filo conduttore il Sufismo. Attraverso questa forma di ricerca mistica, l’artista crea la relazione tra la coscienza e tutto quanto esiste al di fuori di essa. L’arte è uno strumento per ampliare i sensi, e l’artista il tramite della condivisione. Sperimentando tecniche diverse e collegandole a pratiche mistiche, Ahmed trova una sua peculiare soluzione all’interrogativo sulla percezione della verità.
L’arte è una disciplina senza confini e serve a comprendere la storia dell’essere umano, dei suoi percorsi inerpicati sul confine stretto tra coscienza e percezione. Tra misticismo e realtà.
L’artista, per paradosso, utilizza l’ascetismo Sufi proprio per interpretare la realtà nei suoi aspetti più concreti. L’arte, secondo Ahmed, è un passepartout eccellente per riconnettere passato e presente, tradizione e modernità. La sua natura e le sue tecniche non hanno confini, e tutto ciò che è dentro e fuori la percezione può essere interpretato attraverso i suoi infiniti linguaggi.
L’artista è un esploratore attivo che, come uno sciamano, mette in relazione la mente e il corpo. Le sue opere sono un messaggio di condivisione che pone interrogativi e sollecita stupore e meraviglia. L’aspetto estetico ha un ruolo decisivo solo se accostato al processo che l’ha maturato e reso possibile.
La mostra è composta da numerose opere, tra cui grandi installazioni, video, e i suoi noti “carpet works”, con i quali l’artista trasforma oggetti dalla tradizione secolare in imponenti opere d’arte contemporanea, creando manufatti che sembrano proiettati nel futuro grazie a un’estetica azzardata e fuori dal tempo, nonostante l’esecuzione fedele ad antichissimi procedimenti.
Partendo infatti dal design dei tradizionali tappeti dell'Asia centrale, Ahmed li manomette e li riprogetta in forma digitale sul computer. Il risultato è trasportato su disegni a grandezza naturale, che, come nella realizzazione dei tappeti tradizionali, vengono poi realizzati da artigiani locali su telai tradizionali, dando vita ad oggetti nei quali si è portati a perdersi, dove il segno viene continuamente spostato, pixellato, liquefatto.
Al centro della sala, è posta una monumentale installazione che sfida le leggi fisiche e dispone il pavimento tessuto di una moschea in una sorta di onda che travolgere lo spettatore.
Biografia
Faig Ahmed è nato nel 1982 a Baku (Azerbaijan), dove vive e lavora. Si è laureato nel 2004 presso la facoltà di scultura dell’Azerbaijan State Academy of Fine Art a Baku. Dal 2003 ha lavorato con diversi media, tra cui pittura, video e installazioni. Al momento si concentra sullo studio delle qualità artistiche dei tappeti azeri – scompone la loro struttura tradizionale per poi riassemblare casualmente le componenti dell’oggetto originario e fornire loro la forma di scultura contemporanea. Nel 2007 ha rappresentato il suo paese nel padiglione della Biennale di Venezia e nel 2013 ha partecipato all’evento collaterale “Love me, Love Me Not”. Sempre nel 2013 è entrato nella shortlist del Jameel Prize con opere esposte al Victoria and Albert Museum di Londra. Una sua opera è presente nella collezione permanente del Seattle Museum of Art, altre sono state esposte al Boston Museum of Fine Art e in molti altri luoghi istituzionali in tutto il mondo. Ha esposto in mostre personali nelle principali capitali mondiali dell’arte contemporanea, tra cui Londra, Dubai, New York, Dheli, Sharjah, Roma.