La scelta che l’autore compie rispetto all’obiettivo verso il quale rivolgere lo sguardo dell’osservatore, diventa l’elemento discriminante dell’operazione fotografica, mentre la posizione che si assume dietro la macchina è quella di chi intende mostrare qualcosa, isolando una precisa porzione di realtà dal continuo flusso visivo al quale siamo assuefatti. Nicolo Degiorgis, Gianfranco Gallucci e Guido Gazzilli si sono rivolti a un fenomeno particolare, quello dell’immigrazione, con i suoi flussi e le sue dinamiche, concentrandosi ciascuno su aspetti differenti e prospettive personali, ma partecipando alla stessa urgenza narrativa.
Emerge una volontà condivisa di ritrarre, nel senso più accurato del termine, che affonda nelle radici etimologiche della parola stessa: re - trahere, ovvero tirare fuori, restituire l’immagine di qualcosa di altro da sé, rispetto al quale porsi in una posizione frontale di studio e osservazione. Muovendo dalla figura umana, la portata dei lavori si allarga a comprendere ampie parti di paesaggio urbano e sociale, per dichiarare apertamente la provenienza delle immagini da contesti familiari e stabilire un’immediata relazione tra soggetto, autore e osservatore.
È la ben nota Lampedusa a fare da sfondo alle fotografie di Guido Gazzilli, che lì si è recato più volte, vincendo la riluttanza degli abitanti rispetto a coloro che arrivano dall’esterno: l’immagine fornita dalla stampa di ciò che accade non risponde al reale, ma lo stravolge in termini allarmanti e sensazionalistici. Ahmed si è lasciato ritrarre all’interno dell’abitazione della famiglia che gli ha offerto ospitalità, i suoi ritratti si alternano alle vedute di un’isola dove chi arriva da fuori assomiglia a chi vi è nato, dando corpo a un racconto che procede per momenti e tratteggia il farsi e non farsidella storia.
Gianfranco Gallucci ha realizzato per ciascuno dei 18 stranieri coinvolti – rappresentativi delle comunità più numerose di Roma – un triplice ritratto, in una sorta di destrutturazione pirandelliana del soggetto. Uno scatto a casa, uno sul posto di lavoro e un’immagine del luogo preferito della capitale attraversano la superficie dell’io pubblico e di quello privato, per veicolare episodi di integrazione riuscita, vicini alle tante storie recenti ma dimenticate di emigrazione italiana. La molteplice prospettiva di Gallucci sembra forzare le logiche convenzionali del ritratto e preferire una visione simultanea, più adatta ad affrontare la complessità della questione identitaria.
Sono invece le dinamiche alla base dell’appropriazione e dell’adattamento il punto di partenza della ricerca di Nicolo Degiorgis, che per anni ha documentato i luoghi di culto islamici che si sono moltiplicati nelle regioni del nordest. La mancanza di edifici adibiti a moschee spinge i musulmani a riunirsi in luoghi diversi e a inserirsi in spazi altrimenti vacanti — siano essi palestre, negozi o garage — trovando una propria collocazione nell’ambito dell’annullamento architettonico che caratterizza le periferie italiane. Le immagini di Degiorgis, raccolte in un ampio progetto editoriale, dicono di uno spaesamento, di un senso concreto del fuori luogo, che spesso e il tratto più preciso di queste storie.
Il festival è promosso dall’Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica di Roma Capitale, co-prodotto dal MACRO e Zètema Progetto Cultura con la direzione artistica di Marco Delogu.
Con la partecipazione di:Accademia di Francia a Roma - Villa Medici; Accademia Tedesca - Villa Massimo; Azienda Unità Sanitaria Locale Roma E - Santa Maria della Pietà; IIla; MiBAC; ICCD - Istituto Nazionale per la Grafica - Museo Arti e Tradizioni Popolari; Officine Fotografiche - Emerging European Talents; Palazzo delle Esposizioni; Forum Austriaco di Cultura; Studio Legale Graziadei; GQuadro Advertising; Save The Children.