PERCORSO DELLA MOSTRA

Entriamo nello spazio espositivo passando attraverso un'enorme fotografia in bianco e nero del famoso furgone Bedford usato dai Pink Floyd nei loro tour e qui intraprendiamo un viaggio nella Londra degli anni sessanta: la spumeggiante Swinging London. Manifesti psichedelici ci riportano al periodo in cui la band si esibiva regolarmente al celebre UFO Club con ipnotici spettacoli di luci e composizioni elettroniche ispirate al blues lunghe anche venti minuti, diventando i beniamini della scena underground.
 

La mostra si apre con gli esordi a Cambridge ed esplora gli anni in cui Syd Barrett, Nick Mason, Roger Waters e Richard Wright non erano ancora i Pink Floyd. I libri esposti illustrano come il gruppo traesse ispirazione dalla letteratura inglese per l'infanzia (il primo disco, The Piper at the Gates of Dawn, era il titolo di un capitolo del famoso romanzo per bambini The Wind in the Willows, tradotto in italiano come Il vento tra i salici), e da capolavori internazionali, come il classico cinese I Ching con il brano Chapter 24. Le note di copertina di un album del musicista americano Blind Boy Fuller svelano l'origine del nome Pink Floyd: due musicisti blues, Pink Anderson e Floyd Council. Syd Barrett inventò il nome su due piedi quando gli chiesero come si chiamava la sua band.
 

Lettere scritte da Syd Barrett alla sua ragazza e un quadro da lui dipinto nel periodo in cui era studente all'accademia di belle arti saranno esposti insieme ai disegni architettonici di Roger Waters e Nick Mason che risalgono al periodo in cui studiavano al Politecnico di Regent Street (oggi Università di Westminster), dove tra l'altro incontrarono Richard Wright. Le epocali riprese del gruppo in uno dei primi concerti in cui suonano Interstellar Overdrive, tratte dal documentario di Peter Whitehead, ToniteLet's All Make Love In London, mostrano come gli esperimenti dei Pink Floyd con le combinazioni di luci e suoni riuscissero a creare gli "happening" coinvolgenti che li resero la band cult nel circuito underground. Le prime incisioni del gruppo e alcuni filmati intimi delle loro improvvisazione come quella di Nick's Boogie documentano il passaggio dall'ispirazione blues a uno stile più astratto.
 

Già nel 1968 la formazione della band cambiò, perché Syd Barrett lasciò il gruppo a causa di problemi di salute e stress da successo, e l’amico di Cambridge David Gilmour entrò come cantante e chitarra solista.
 

Dopo i successi delle prime registrazioni, la band decise di smettere di incidere singoli per concentrarsi sulla produzione di album. La mostra esamina ogni disco in ordine cronologico, sia dal punto di vista musicale, sia esplorando le idee alla base delle inconfondibili, surreali copertine degli album disegnate dallo studio grafico Hipgnosis, incarnazione dell'immagine enigmatica del gruppo. Nel corso della mostra affiora l'approccio sperimentale con cui i Pink Floyd si sforzavano di superare la psichedelia e creare il loro sound inconfondibile. I lunghi brani improvvisati dalla band seguivano un mutamento nei gusti del pubblico della musica pop, che portò le vendite degli album a superare quelle dei singoli. Il gruppo diventò sempre più ambizioso, non solo nelle loro performance live teatrali, ma anche nell'adozione di nuove  tecnologie – dai sintetizzatori ai comuni oggetti domestici, al primo sistema quadrifonico di diffusione del suono con l'invenzione dell’Azimuth Co-ordinator – alla costante ricerca di un sound unico e originale.
 

Alla fine degli anni sessanta, la reputazione dei Pink Floyd come creatori di atmosferici paesaggi sonori portò a diverse commissioni per colonne sonore di film, da Zabriskie Point di Michelangelo Antonioni alle pellicole di Barbet Schroeder, More e La Vallée. La mostra ospita le locandine e alcuni estratti di questi film, oltre alle fotografie che documentano la collaborazione con il coreografo francese Roland Petit con il suo Roland Petit Ballet nel 1972.
 

Per i Pink Floyd il grande momento arrivò nel 1973, con l'uscita dell'ottavo disco, The Dark Side of the Moon, un classico senza tempo che procurò al gruppo fama internazionale. Un'intera area della mostra è dedicata al mitico album, con scalette e foto di backstage dal relativo tour, accanto ad alcuni primi schizzi dalla celebre copertina con il prisma. Scopriamo, tra le altre cose, che per un certo periodo il disco si intitolò Eclipse (A Piece For Assorted Lunatics). In una stanza dedicata, un ologramma in 3D della copertina accompagna una registrazione di The Great Gig In The Sky.
 

La sezione successiva ci fa ammirare da vicino gli strumenti e la tecnologia utilizzati dal gruppo, tra cui la famosa "Black Strat" di David Gilmour (la sua Fender Stratocaster preferita), un organo Hammond suonato da Richard Wright, pelli di tamburo magnificamente dipinte usate da Nick Mason e una chitarra Ovation a 12 corde suonata da Roger Waters. L'adozione e addirittura l'invenzione di nuove tecnologie hanno avuto un ruolo cruciale nel plasmare il caratteristico sound dei Pink Floyd, infatti la mostra comprende anche attrezzature come pedaliere, amplificatori, echo-machine e un sintetizzatore VCS3. Le interviste video con il musicologo e compositore Howard Goodall e membri della band rivelano come questi ultimi usassero l'attrezzatura per ottenere effetti sonori innovativi.
 

Il classico brano Money da The Dark Side Of The Moon è presentato attraverso singoli mixer in cui sette tracce vocali e strumentali permettono all'ascoltatore di remixare e creare una propria versione della canzone, come sottofondo della ripresa tratta dall'originale schermo circolare del concerto del 1974.
 

La mostra si sposta dietro le quinte della registrazione di Wish You Were Here, con interviste a Roger Waters e David Gilmour accompagnate da fotografie originali e versioni dell'immagine dell'uomo che prende fuoco, dai testi scritti a mano da Roger Waters per Have A Cigar e scatti dalle sessioni di registrazione del disco.
 

Passando alla fine degli anni settanta, la mostra esplora le trasformazioni del paesaggio musicale e culturale della Gran Bretagna, nel momento in cui l'idealismo degli anni sessanta lasciava il posto al ruvido realismo del punk; anche i testi dei Pink Floyd diventarono sempre più aggressivi e politici. Gli album Animals (1977), The Wall (1979) e The Final Cut (1983) inveivano contro il conservatorismo, il capitalismo, l'opportunismo e le opprimenti strutture classiste britanniche.
 

Nick Mason, Roger Waters e Richard Wright conoscevano le teorie radicali dell'architettura sperimentale degli anni sessanta. Vengono quindi evidenziati i collegamenti tra la loro idea di spazio e architettura e concetti architettonici come il "Fun Palace" di Cedric Price, le "Instant Cities" di Peter Cook del gruppo Archigram e le futuristiche strutture elastiche e gonfiabili di Frei Otto, insieme a disegni di avveniristiche strutture ricreative temporanee sono in mostra a testimonianza del legame tra la teoria e le innovazioni portate dai Pink Floyd negli spettacoli dal vivo.
 

Sotto alle immagini dei set della centrale elettrica di Battersea e di The Wall, la mostra esamina le scenografie, le animazioni video e le strutture gonfiabili che diventarono così imprescindibili in quello che Roger Waters descriveva come "electronic theatre", inestricabilmente associato ai Pink Floyd, insieme al famoso "maiale volante".
 

Mentre i Pink Floyd diventavano una delle più grandi rock band di sempre, cresceva anche il numero di persone specializzate che lavoravano al loro fianco. Le luci della ribalta si accendono su alcuni di questi nomi, il cui contributo è stato cruciale nel portare la musica e gli spettacoli dei Pink Floyd a milioni di persone in tutto il mondo: scenografi, registi, ingegneri, specialisti delle luci, grafici, fotografi, architetti e tecnici sono rappresentati nella mostra attraverso il loro lavoro e le loro interviste.
 

Con i tour di The Wall, A Momentary Lapse of Reason e The Division Bell, i Pink Floyd allestirono concerti tra i più giganteschi, ambiziosi e affollati della loro epoca, portando a molte innovazioni nella logistica e a un ripensamento del rock da stadio. A partire dal 1987 i tour della band cominciarono a battere ogni record, trascinando enormi folle da tutto il mondo. Parti delle scenografie e copertine di dischi come il gigantesco muro di The Wall e le teste di The Division Bell sono esposti insieme a progetti preliminari, schizzi e appunti che svelano i trucchi ingegneristici che hanno permesso di realizzare queste esibizioni spettacolari.
 

Il disco del 2014, The Endless River, concepito come un tributo allo scomparso Richard Wright a una ventina d'anni di distanza da The Division Bell, è lo spunto per il penultimo ambiente della mostra.

 
Uno degli elementi più attesi della mostra, l'ultima sezione del percorso, è una spettacolare evocazione finale di una serie di filmati dei Pink Floyd, tra cui anche spezzoni della loro ultima esecuzione come quartetto, di Comfortably Numb al Live 8 di Londra nel luglio del 2005.
 

La ricostruzione delle loro performance offre un'esperienza audiovisiva realistica e coinvolgente, grazie all'avveniristica tecnologia audio AMBEO 3D della Sennheiser. Una selezione di brani è stata appositamente remixata da Sennheiser negli studi di Abbey Road, gli stessi in cui sono state realizzate, come molti sanno, molte delle registrazioni originali.
 

Nella Performance Zone ci sarà una proiezione esclusiva per Roma di One Of These Days (dal Live at Pompeii).